Delle criptovalute ormai si parla tantissimo continuamente, ma quali tasse deve pagareichi le usa in Italia?
Le criptovalute sono delle valute virtuali che possono fungere da mezzo di scambio e grazie al fatto che, come le valute tradizionali, assumono la funzione di unità di conto. Ad oggi sappiamo che molti broker hanno nella loro offerta finanziaria il rapporto di cambio spot tra bitcoin e valute tradizionali. Queste, essendo ormai una realtà consolidata nel panorama finanziario globale, devono anche essere tassate.
Detto ciò, possiamo provare a capire com’è inquadrato questo ambito in Italia, fermo restando che è un meccanismo abbastanza complesso perché ad oggi non esiste una regolamentazione specifica.
In ogni caso, dobbiamo partire ad un assunto di base e cioè che il ciclo di vita di una criptovaluta è caratterizzato da tre momenti:
- la creazione
- il deposito
- e lo scambio.
Quando diventa oggetto di tassazione?
Quando viene scambiata, quindi utilizzata per acquistare beni e servizi.
Chi quindi utilizza le criptolvalute, deve sapere che ci sono due momenti precisi che equivalgono ad obblighi fiscali e cioè quello dello scambio e quello della detenzione: il primo interessa la tassazione, il secondo il monitoraggio fiscale.
In ogni caso comunque le crypto sono strumenti ibridi, che quindi possono essere equiparati ad uno strumento finanziario, ad una valuta e ad una attività immateriale.
L’Agenzia delle Entrate, appoggiando una sentenza della Corte di Giustizia UE causa C-264/14 del 22 ottobre 2015, ha deciso di assimilare le criptovalute alle valute estere. Questo ovviamente fa sì che subentrino alcuni obblighi in tema di monitoraggi fiscale e che venga adottato il sistema di tassazione previsto dall’articolo 67 del TUIR, costituito
- dal comma 1 lettera c-ter che ci dice che che costituiscono redditi diversi imponibili “le plusvalenze […] realizzate mediante cessione a titolo oneroso […] di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti”;
- dal comma 1-ter che afferma che “le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a cento milioni di lire per almeno sette giorni lavorativi continui”.
In sostanza, costituiscono redditi diversi di natura finanziaria le plusvalenze derivanti da cessione a termine di questo strumento, che sono quindi soggetti a imposta sostitutiva del 26%. Questo accade se l’ammontare del contribuente supera 51.645,69 euro per sette giorni lavorativi continui durante quell’anno.
Cosa deve dichiarare chi usa le criptovalute come metodo di pagamento?
Come abbiamo anticipato, tutto dipende dalla detenzione e dall’utilizzo dello stesso.
In ogni caso comunque alle suddette plusvalenza si applicherà una imposta sostitutiva del 26% ed il reddito diverso di tipo finanziario dovrà essere esposto sul quadro RT del modello Redditi PF. Se però il contribuente vuole presentare il modello 730 può integrarlo con lo stesso quadro.
Per quanto riguarda invece gli obblighi relativi al monitoraggio fiscale, invece, questi vengono assolti nel momento in cui viene compilato il quadro RW del modello Redditi PF. Questo avviene nel caso in cui le criptovalute sono detenute tramite intermediario residente oppure non residente in Italia: non vige, oppure tramite portafogli digitali.
L’Agenzia delle Entrate, attraverso la Circolare 38/E/2013, comunque precisa che “sono soggette al medesimo obbligo anche le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti”, e, con la risposta a Interpello 788/2021, che “con riferimento alla detenzione di valute virtuali […] si ritiene che tale obbligo sussista in quanto le stesse costituiscono attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia”, anche per quelle di cui il contribuente “detenga direttamente la chiave privata”.
Infine dobbiamo specificare che le criptovalute non sono soggette a IVAFE, perchè questa imposta si applica solo a depositi e conti di natura bancaria.