C’è una differenza sostanziale tra criptovaluta e token, solo che spesso tendiamo a fare confusione perché di questo mondo 2.0 si parla sempre troppo poco.
Per comprenderla, dobbiamo parti da un assunto di base.
Cosa sono esattamente le criptovalute?
Trattasi di una valuta digitale, che si serve della crittografia per proteggere le transazioni. Esiste un registro che regola ogni pagamento, chiamato blockchain. In soldoni, potremmo definire quest’ultimo come il corrispettivo digitale di una banca che segna entrate ed uscite dei nostri pagamenti.
Ovviamente questi possono essere considerati come una moneta universale, nel senso che in tutto il mondo hanno lo stesso valore. A differenza del denaro reale, che invece deve sottostare ad una determinata valuta e che quindi può essere facilmente svalutato oppure sovravvalutato.
Esistono attualmente – ma premettiamo subito che questo dato è destinato ad aumentare – circa 1700 criptovalute.
Ma arriviamo al fulctro del discorso: che differenza c’è con i token?
Una prima risposta potrebbe essere semplicementte questa: mentre le crypto hanno le proprie blockchain – che in parole semplici altro non è che una rete informatica che gestisce in modo univoco e sicuro le transazioni – i token non ne hanno alcuna.
In sostanza, questi ultimi sono asset di valor economico, riferibile a beni e progetti, oppure a diritti di utilizzo di un servizio. Questi possono essere comunque utilizzati per effettuare finanziamenti, come le criptovalute, ma cronologicamente sono apparsi dopo, con l’avvento degli smart contract, che hanno permesso di utilizzare i token come vero e proprio controvalore digitale.
Abbiamo detto che questi non si servono di blockchain, quindi su cosa si basano? Su registri di altre coin semplicemente.
Esistono comunque tantissimi tipi di token, che differiscono tra loro in base a diversi fattori: tra quesi ricordiamo il loro scopo, le loro caratteristiche e così via. In definitiva, però, possiamo distinguerli, collocandoli in due gruppi del tutto differenti tra loro: quelli fungibili e quelli non fungibili.
I primi sono interscambiabili, cioè possono essere facilmente sostituiti da altri della stesas categoria, dal momento che le loro caratteristiche sono abbastanza simili. In questo gruppo troviamo ad esempio i token equivalenti ad un equity aziendale.
Questi però a loro volta possono essere divisi in altre due categorie: da un lato abbiamo i Security Tokens, che servono per fare investimenti ed ottenere vantaggi economici, dall’altr invece abbiamo degli Utility Tokens, che invece danno vita a diritti d’uso di determinati prodotti o servizi, ma non generano benefici economici.
Fanno parte dei primi ad esempio gli Equity Token: questi si utilizzano per identificare il possesso di una società.
I token non fungibili, invece, riguardano beni fisici e virtuali. Questi, a differenza di quelli fungibili, non sono affatto interscambiabili, perché ognuno è a sé, quindi non ne esistono due uguali tra loro. Questi in genere vengono usati per la gestione dell’identità digitale, oppure nel racciamento della supply chain, così come anche nel voto elettronico.
Ma siamo sicuri che l’assenza delle blckchian sia l’unica differenza tra toker e criptovalute?
In realtà no. Ve ne sono infatti anche altre, che non possono essere trascurate.
Ad esempio, alcune delle seconde possono essere minate (cioè ricavate attraverso l’elaborazione dei dati, mentre per quanto riguarda i primi questo non è possibile.
Inoltre i token possono dare vita sia a diritti di utilizzo di un servizio, che alla proprietà di un bene, che sia esso finanziario oppure fisico, cosa che per le crypto non può accadere mai.
Insomma abbiamo capito che criptovalute e token sono due concetti del tutto distinti e separati, anche se resta comunque facilissimo confondersi. Del resto questa è l’era di passaggio dalla moneta tradizionale a quella 2.0, quindi è normale fare ancora confusione. Saranno le generazioni future di sicuro a saperne di più.