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Token e Mining: usi e aspetti fiscali

I token sono sempre più utilizzati in ambito economico e finanziario, sia come mezzo di pagamento che come strumento di investimento. Il mining, ovvero la creazione di nuovi token attraverso la risoluzione di complessi algoritmi, è un’attività sempre più diffusa. In questo articolo esploreremo i loro usi e aspetti fiscali.

Token: cos’è

Per token intendiamo un insieme di informazioni digitali all’interno di una blockchain, al riguardo la tokenizzazione è la conversione dei diritti di un bene in un token digitale, sempre registrata su una blockchain.

È necessario specificare che la parola token ha due diversi significati: frazioni di una criptovaluta, o se vogliamo un tipo di gettone (più adatto usare l’espressione coin), e un’altra tipologia di gettone, che non ha un proprio registro (ma utilizza quello di un’altra coin).

Per essere ancora più chiari, tokenizzare vuol dire generare un token nel mondo virtuale e collegarlo a un bene, il quale è esistente nel mondo reale mediante l’utilizzo degli smart contract.

Mining: cos’è

Prima di tutto è doveroso ricordare che il termine mining deriva dall’inglese to mine, il quale significa estrarre, e in riferimento ai bitcoin rappresenta il processo di condivisione della potenza di calcolo degli hardware. È un metodo per generare criptovalute, e il modo in cui vengono convalidate le transazioni effettuate.

Il mining di criptovalute è, quindi, un processo digitale che sfrutta la potenza di calcolo di un computer per estrarre nuove coin attraverso la validazione delle transazioni. Si occupa sia di generare una nuova criptovaluta, sia di verificare la legittimità delle transazioni stesse. In un precedente articolo abbiamo menzionato questa parola in rapporto all’uso di Ethereum e al passaggio dal sistema di verifica proof-of-work (PoW) a quello proof of stake (PoS).

Quando il miner completa il processo di verifica di un blocco di transazioni viene ricompensato con Bitcoin, appena creati, i quali vanno ad aumentare il numero complessivo in circolazione. Qui entra in gioco il PoW: il meccanismo di consenso, che impedisce che possa essere speso due volte lo stesso denaro.

Uso dei token

I token possono essere utilizzati in diversi modi, tra cui come mezzo di pagamento, come strumento di investimento o come rappresentazione digitale di beni e servizi. I token più comuni sono i cosiddetti utility token, che rappresentano l’accesso a un servizio o a una funzionalità all’interno di una piattaforma. Ad esempio, un token di un e-commerce potrebbe consentire l’acquisto servizi a tema. Offre, quindi, una utilità specifica su piattaforma o app.

Aspetti fiscali del mining

I ricavi derivanti dalla vendita di token creati attraverso il mining possono essere soggetti a tassazione come redditi da capitale o da lavoro autonomo. Scontato a dirsi, i token da investimento vanno dichiarati in relazione al paese di emissione. Validi i limiti di importo, sotto i quali non saranno oggetto di tassazione tenuti per almeno sette giorni su conto italiano.

Per chi vive o risiede in Italia, è necessario dichiarare la detenzione di criptovalute per il monitoraggio delle valute estere di cui alla Legge 167/1990, quadro RW come da risoluzione Agenzia delle Entrate n. 72/E/2016.

I redditi derivanti da Valute virtuali e token sono tassati in base alle aliquote vigenti sulla Dichiarazione dei Redditi, ai sensi dell’art.67 comma 1, lett.c-ter del Tuir previa conversione in Euro.

Gli utility token, essendo utilizzati principalmente per l’accesso a un servizio, non sono considerati come strumenti finanziari dalle autorità fiscali in molti paesi. In riferimento alla cessione degli utility token da parte delle società, vengono ormai considerati assimilati ai voucher, in quanto tali permettono di beneficiare di beni e/o servizi, pertanto non assumono rilevanza IVA. Invece la rilevanza fiscale, e quindi l’applicazione dell’IVA, si assume sono al momento dell’utilizzo.

Infine, anche l’attività di mining di criptovalute è fuori dal campo di applicazione dell’IVA mentre ai fini delle imposte dirette, la relativa remunerazione concorre alla formazione del reddito imponibile (articolo 109 del T.U.I.R.).

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